Il Rinascimento conosce non già uno, ma almeno quattro tipi di cosmo: il cosmo geocentrico, finito, di Aristotele, Tolomeo e san Tommaso; il cosmo infinito di Nicola Cusano, il cui centro è Dio, presente ovunque; il cosmo di Aristarco e dei pitagorici, illustrato dalla teoria «eliostatica» di Copernico; infine, l'universo infinito di Giordano Bruno nel quale si integra il nostro sistema planetario eliocentrico. A questo si potrebbe aggiungere l'antica teoria geoeliocentrica di Eraclide Pontico, discepolo di Platone, mai abbandonata del tutto durante il Medioevo, e ripresa in seguito da Tycho Brahe. Di tali modelli cosmologici, non uno esclude l'ipotesi della magia, essendo questa basata sull'idea della continuità tra uomo e mondo che non potrebbe venir sconvolta da un semplice cambiamento nelle teorie relative alla costituzione del mondo stesso. I maghi come Giordano Bruno, o i pitagorici-astrologhi come Keplero, non hanno alcuna difficoltà ad adattarsi alla nuova filosofia. Ciò che muta da un cosmo all'altro è solo l'idea della dignità della terra e dell'uomo, e anche in questo caso vi sono apprezzabilissime variazioni dottrinali. Nell'universo aristotelico, la terra occupa la posizione più bassa, effettivamente corrispondente alla sua inferiorità ontologica, poiché essa è il luogo dell'impermanenza, dei rapidi cambiamenti, della generazione e della corruzione; tutto quanto si trova al di qua della sfera sublunare è per così dire relegato in una sorta di inferno cosmico, dal quale si esce solo oltrepassando la luna; le sfere planetarie sono invece divine, e al di là del cielo delle fisse cominciano le residenze di Dio.
Ioan Petru Culianu, Eros e magia nel Rinascimento
Ioan Petru Culianu, Eros e magia nel Rinascimento
Nel Mito di Er contenuto nella Repubblica (X, 614), Platone, descrivendo il mistero della generazione, afferma che le anime, dopo aver scelto la propria esistenza terrestre, scelgono un "demone" che presiederà alla loro sorte. Questo spirito astrale anima l'aria circostante al momento della nascita ed è costituito dal miscuglio di influenze planetarie che discendono continuamente nel mondo sublunare per corporificarsi nella terra e fissarsi nel sangue del neonato al momento del suo primo respiro.
È ciò che gli Antichi designavano con i nomi di genio, destino, necessità, che determina il carattere, il temperamento e la vita dell'uomo nel mondo.
Alessandro Boella e Antonella Galli,
Divo Sole. La Teurgia solare dell'Alchimia
È ciò che gli Antichi designavano con i nomi di genio, destino, necessità, che determina il carattere, il temperamento e la vita dell'uomo nel mondo.
Alessandro Boella e Antonella Galli,
Divo Sole. La Teurgia solare dell'Alchimia
In effetti, I'anima che non ha mai contemplato la verità non potrà mai giungere alla forma d'uomo.
Bisogna, infatti, che l'uomo comprenda in funzione di quella che viene chiamata Idea, procedendo da una molteplicità di sensazioni ad una unità colta con il pensiero. E questa è una reminiscenza di quelle cose che un tempo la nostra anima ha visto, quando procedeva al seguito di un dio e guardava dall'alto le cose che diciamo che sono essere, alzando la testa verso quello che è veramente essere.
Perciò, giustamente, solo l'anima del filosofo mette le ali. Infatti con il ricordo, nella misura in cui gli è possibile, egli è sempre in rapporto con quelle realtà, in relazione con le quali anche un dio è divino. Un uomo che si serva di tali reminiscenze in modo retto, in quanto è sempre iniziato a misteri perfetti, diventa, lui solo, veramente perfetto. Però, in quanto si allontana dalle occupazioni umane e si rivolge al divino, viene accusato dai più di essere uscito di senno. Ma sfugge ai più che egli, invece, è invasato da un dio.
Platone, Fedro (249, b-d)
Bisogna, infatti, che l'uomo comprenda in funzione di quella che viene chiamata Idea, procedendo da una molteplicità di sensazioni ad una unità colta con il pensiero. E questa è una reminiscenza di quelle cose che un tempo la nostra anima ha visto, quando procedeva al seguito di un dio e guardava dall'alto le cose che diciamo che sono essere, alzando la testa verso quello che è veramente essere.
Perciò, giustamente, solo l'anima del filosofo mette le ali. Infatti con il ricordo, nella misura in cui gli è possibile, egli è sempre in rapporto con quelle realtà, in relazione con le quali anche un dio è divino. Un uomo che si serva di tali reminiscenze in modo retto, in quanto è sempre iniziato a misteri perfetti, diventa, lui solo, veramente perfetto. Però, in quanto si allontana dalle occupazioni umane e si rivolge al divino, viene accusato dai più di essere uscito di senno. Ma sfugge ai più che egli, invece, è invasato da un dio.
Platone, Fedro (249, b-d)
Il segno più nobile dell'atto umano è appunto questo potersi tendere, nella profonda pace di ogni potenza, verso il Divino: come per danza Io recinge e attorno a Lui s'aggira. Certo è condizione indispensabile eccitare la somma di tutte le facoltà residenti nell'anima verso questa unione. E conviene gettar via ogni cosa, le cose tutte, posteriori all'Uno, e prendere dimora presso di Lui, e con Lui, ineffabile, congiungersi: con Lui al di là di tutti gli esseri.
Proclo Licio Diadoco, Teologia platonica (I, 3)
Proclo Licio Diadoco, Teologia platonica (I, 3)
Proprio questo è difatti il carattere più visibile dell’epoca moderna: il bisogno di un’agitazione incessante, di un mutamento continuo, di una velocità sempre crescente che così riflette quella stessa secondo la quale oggi si svolgono gli avvenimenti. È la dispersione nel molteplice, in un molteplice non più unificato dalla coscienza di un qualche superiore principio. Nella vita comune così come nelle concezioni scientifiche, è l’analisi spinta all’estremo, il frazionamento indefinito, una vera disgregazione dell’attività umana in tutti i campi in cui essa può ancora esercitarsi. Donde quell’incapacità di sintesi, quell’impossibilità di ogni concentrazione che è così sorprendente agli occhi degli orientali. Sono, queste, le conseguenze naturali e inevitabili di una materializzazione sempre più accentuata, perché la materia è essenzialmente molteplicità e divisione – ed è anche per questo, diciamolo di passata, che quanto procede da un simile stato di cose può solo condurre a lotte e conflitti d’ogni genere, fra i popoli così come fra gli individui. Più ci si sprofonda nella materia, più i fattori di divisione e di opposizione si accentuano e si estendono. Per contro, più ci si innalza verso la spiritualità pura, più ci si avvicina all’unità, la quale può realizzarsi pienamente solo mediante la coscienza dei principî universali.
René Guénon, La crisi del mondo moderno
René Guénon, La crisi del mondo moderno
In un testo del Chaktri (Phyag khrid) di Dru Gyalwa Yungdrung (1242-1290), si dice che durante l'Introduzione Diretta al Figlio (bu) o Saggezza della Consapevolezza (rig pa'i ye shes) siamo sottoposti ad un'esperienza di stupefazione senza attenzione, di dispersione senza fissazione, di nudità senza concetti e di chiarezza priva di attaccamento. [...]
Queste esperienze hanno luogo quando la coscienza discorsiva si libera naturalmente dal suo afferrare, dalle sue proiezioni, etc. In quel momento, la nostra coscienza rimane in uno stato temporaneamente privo di pensieri, che viene definito come un momento di stupefazione (o sospensione) senza attenzione.
Questo significa che la mente è in una condizione in cui il flusso dei pensieri è temporaneamente interrotto, una condizione conosciuta come stupore, nel senso più acuto del termine, o come sospensione nel senso più sottile.
Stupefazione deve qui essere inteso nel suo senso più letterale, non come un intorpidimento o stordimento, ma piuttosto come uno sbigottimento/meraviglia, che lascia la mente senza parole, nell'incapacità di usare il linguaggio per descrivere ciò che esperisce.
Questa condizione viene presentata come priva d'attenzione poiché non dipende da alcuna forma di vigilanza o sorveglianza (come quando si affrontano potenziali insidie quali intorpidimento/cedimento, etc.), precisamente perché lo stato di cui abbiamo esperienza non è soggetto ad insidie. L'attenzione non è quindi necessaria in questo sorprendente sbalordimento. [...]
Insomma, un'esperienza di stupefazione senza attenzione avviene perché la mente è temporaneamente libera dalle sue proiezioni e rimane in uno stato privo di pensieri. Allo stesso tempo, ha luogo un secondo momento dell'esperienza che corrisponde a ciò che è definito come "dispersione senza fissazione". Qui, il concetto di dispersione fa riferimento diretto al fatto che la mente non è concentrata su alcunché: essa vaga nella sua stessa natura, senza smarrirsi, senza essere trascinata via da potenziali pensieri o impantanarsi nei meandri del discorso interiore. Simultaneamente, la mente è liberata da ogni attaccamento, come un uccello liberato da una trappola che lo tratteneva, e che vola via in un istante, senza lasciare alcuna traccia e senza che gli manchi la trappola che lo impediva.
In modo simile, la mente sprofonda nella sua stessa immensità, senza tuttavia perdersi o perdere la sua chiarezza intrinseca. Potremmo dire che la mente immensifica se stessa nella sua infinitezza senza essere trattenuta da alcunché. In questo spazio interiore privo di tutti i limiti, essa gode delle qualità della non-azione che la liberano da tutti gli sforzi normalmente prodotti dall'attività della mente.
Al culmine di queste due esperienze simultanee, la mente scopre la sua stessa nudità priva di concetti. La nozione di nudità significa che la mente non è più coperta dai drappi dell'intelletto, rimanendo così senza alcun concetto; in questa condizione virginale, essa contempla tutti i fenomeni dell'esistenza manifesta senza produrre attaccamento o avversione verso di essi.
lnfine, la mente esperisce una chiarezza libera dall'afferrare in cui ogni cosa appare come se fosse un riflesso in uno specchio. Questo avviene in una modalità immutabile che non è disturbata dall'afferrare – o rigettare - qualunque potenziale oggetto. Essa rimane perpetuamente chiara e brillante, piena delle qualità salvifiche che sono inerenti alla sua condizione primordiale.
Jean-Luc Achard, The Dzogchen Path of Clear Light
Queste esperienze hanno luogo quando la coscienza discorsiva si libera naturalmente dal suo afferrare, dalle sue proiezioni, etc. In quel momento, la nostra coscienza rimane in uno stato temporaneamente privo di pensieri, che viene definito come un momento di stupefazione (o sospensione) senza attenzione.
Questo significa che la mente è in una condizione in cui il flusso dei pensieri è temporaneamente interrotto, una condizione conosciuta come stupore, nel senso più acuto del termine, o come sospensione nel senso più sottile.
Stupefazione deve qui essere inteso nel suo senso più letterale, non come un intorpidimento o stordimento, ma piuttosto come uno sbigottimento/meraviglia, che lascia la mente senza parole, nell'incapacità di usare il linguaggio per descrivere ciò che esperisce.
Questa condizione viene presentata come priva d'attenzione poiché non dipende da alcuna forma di vigilanza o sorveglianza (come quando si affrontano potenziali insidie quali intorpidimento/cedimento, etc.), precisamente perché lo stato di cui abbiamo esperienza non è soggetto ad insidie. L'attenzione non è quindi necessaria in questo sorprendente sbalordimento. [...]
Insomma, un'esperienza di stupefazione senza attenzione avviene perché la mente è temporaneamente libera dalle sue proiezioni e rimane in uno stato privo di pensieri. Allo stesso tempo, ha luogo un secondo momento dell'esperienza che corrisponde a ciò che è definito come "dispersione senza fissazione". Qui, il concetto di dispersione fa riferimento diretto al fatto che la mente non è concentrata su alcunché: essa vaga nella sua stessa natura, senza smarrirsi, senza essere trascinata via da potenziali pensieri o impantanarsi nei meandri del discorso interiore. Simultaneamente, la mente è liberata da ogni attaccamento, come un uccello liberato da una trappola che lo tratteneva, e che vola via in un istante, senza lasciare alcuna traccia e senza che gli manchi la trappola che lo impediva.
In modo simile, la mente sprofonda nella sua stessa immensità, senza tuttavia perdersi o perdere la sua chiarezza intrinseca. Potremmo dire che la mente immensifica se stessa nella sua infinitezza senza essere trattenuta da alcunché. In questo spazio interiore privo di tutti i limiti, essa gode delle qualità della non-azione che la liberano da tutti gli sforzi normalmente prodotti dall'attività della mente.
Al culmine di queste due esperienze simultanee, la mente scopre la sua stessa nudità priva di concetti. La nozione di nudità significa che la mente non è più coperta dai drappi dell'intelletto, rimanendo così senza alcun concetto; in questa condizione virginale, essa contempla tutti i fenomeni dell'esistenza manifesta senza produrre attaccamento o avversione verso di essi.
lnfine, la mente esperisce una chiarezza libera dall'afferrare in cui ogni cosa appare come se fosse un riflesso in uno specchio. Questo avviene in una modalità immutabile che non è disturbata dall'afferrare – o rigettare - qualunque potenziale oggetto. Essa rimane perpetuamente chiara e brillante, piena delle qualità salvifiche che sono inerenti alla sua condizione primordiale.
Jean-Luc Achard, The Dzogchen Path of Clear Light
L'esito estremo di ogni pensiero è il riconoscimento dell'identità di spirito e materia, soggetto e oggetto: questa riunificazione è il matrimonio del Cielo e dell'Inferno, lo slancio di un universo contratto verso la sua libertà, in risposta all'amore dell'Eternità per le opere del tempo. A quel punto non esiste sacro o profano, spirituale o sensibile, ma tutto ciò che vive è puro e vuoto. Proprio questo mondo della nascita e della morte è anche il grande Abisso.
Ananda K. Coomaraswamy, Sahaja
Ananda K. Coomaraswamy, Sahaja
Media is too big
VIEW IN TELEGRAM
Nostos. Il ritorno (1989) di Franco Piavoli
Quando sorse la stella lucente, che più di tutte
annunzia venendo la luce della mattutina Aurora,
ecco appressarsi all'isola la nave marina.
C'è un porto di Forco, il vecchio del mare,
nella terra di ltaca, e sporgenti in esso
due coste scoscese, degradanti nel porto,
che arrestano il grande maroso di fuori sospinto
dai venti furiosi: dentro vi sostano, senza cima d'ormeggio,
le navi ben costruite, quando arrivano all'ancoraggio.
E sulla punta del porto è un ulivo con foglie sottili,
e accanto una grotta graziosa, buia,
sacra alle Ninfe che si chiamano Naiadi.
Dentro vi sono crateri e anfore
fatti di pietra: e vi stipano il miele le api.
Vi sono telai sublimi di roccia, dove le Ninfe
tessono drappi dai bagliori marini, una meraviglia a vederli;
e acque perenni vi sono. Due entrate ha la grotta,
una a borea è accessibile agli uomini,
l'altra a noto è serbata agli dèi: da lì non entrano
uomini, ma è la via degli eterni.
Odissea (XIII, 92-112)
Quando sorse la stella lucente, che più di tutte
annunzia venendo la luce della mattutina Aurora,
ecco appressarsi all'isola la nave marina.
C'è un porto di Forco, il vecchio del mare,
nella terra di ltaca, e sporgenti in esso
due coste scoscese, degradanti nel porto,
che arrestano il grande maroso di fuori sospinto
dai venti furiosi: dentro vi sostano, senza cima d'ormeggio,
le navi ben costruite, quando arrivano all'ancoraggio.
E sulla punta del porto è un ulivo con foglie sottili,
e accanto una grotta graziosa, buia,
sacra alle Ninfe che si chiamano Naiadi.
Dentro vi sono crateri e anfore
fatti di pietra: e vi stipano il miele le api.
Vi sono telai sublimi di roccia, dove le Ninfe
tessono drappi dai bagliori marini, una meraviglia a vederli;
e acque perenni vi sono. Due entrate ha la grotta,
una a borea è accessibile agli uomini,
l'altra a noto è serbata agli dèi: da lì non entrano
uomini, ma è la via degli eterni.
Odissea (XIII, 92-112)
O Grecia felice, dimora di tutti i Celesti,
dunque udii il vero nella mia giovinezza?
Una sala festosa. Pavimento è il mare, i monti
le mense, erette a questo dall'origine dei tempi.
Ma dove sono i troni? e i templi? e i crateri
colmi di nettare? un canto per la gioia degli Dei?
I loro detti luminosi dal compimento lontano?
Delfi dorme, non ha voce il grande evento,
il rapido evento? e quello che balena col tuono
nell'aria limpida colmo di onnipresente gioia?
« Cielo Padre! » il grido volava di labbro in labbro
moltiplicato: nessuno sopportava da solo la vita.
Un bene diviso e scambiato con gli stranieri
si fa giubilo, cresce nel sonno la potenza della parola.
« Padre», « sereno»! lontano, lontano dà eco il Segno
originario, ereditato dai padri, operoso, creatore.
Così i Celesti prendono dimora ed agli uomini cala
dalle ombre con un profondo tremito il loro giorno.
Friedrich Hölderlin, Pane e vino
dunque udii il vero nella mia giovinezza?
Una sala festosa. Pavimento è il mare, i monti
le mense, erette a questo dall'origine dei tempi.
Ma dove sono i troni? e i templi? e i crateri
colmi di nettare? un canto per la gioia degli Dei?
I loro detti luminosi dal compimento lontano?
Delfi dorme, non ha voce il grande evento,
il rapido evento? e quello che balena col tuono
nell'aria limpida colmo di onnipresente gioia?
« Cielo Padre! » il grido volava di labbro in labbro
moltiplicato: nessuno sopportava da solo la vita.
Un bene diviso e scambiato con gli stranieri
si fa giubilo, cresce nel sonno la potenza della parola.
« Padre», « sereno»! lontano, lontano dà eco il Segno
originario, ereditato dai padri, operoso, creatore.
Così i Celesti prendono dimora ed agli uomini cala
dalle ombre con un profondo tremito il loro giorno.
Friedrich Hölderlin, Pane e vino
I Dipinti Segreti Del Tempio Lukhang
Fotografie di Chögyal Namkhai Norbu
Una visita alla mostra con il curatore Jakob Winkler
Nel 1981 il professor Namkhai Norbu, tornato a Lhasa dopo oltre 20 anni, scattò le prime fotografie di quelle che allora erano considerate le opere più segrete del Tibet, i dipinti murali del XVIII secolo del Lukhang, un piccolo tempio situato dietro il Palazzo del Potala che contiene ciò che è diventato noto come la Cappella Sistina del buddismo tibetano. Esoterica meraviglia, le immagini del Lukhang rappresentano una panoramica della cultura tibetana del 1700 e un'autentica guida visiva all'illuminazione.
La mostra raccoglie una selezione delle oltre 100 fotografie realizzate dal Prof. Namkhai, scorci momentanei, riflessi luminosi che Rinpoche ha catturato, attimi fuggenti che rappresentano tutto ciò che resta di alcuni dei dipinti murali del Lukhang, tesori ormai perduti.
Dal 23 giugno all'8 dicembre 2024
MACO - Museo di Arte e Cultura Orientale di Arcidosso.
https://www.youtube.com/watch?v=vIeVu1ofZZs&ab_channel=MuseodiArteeCulturaOrientale
Fotografie di Chögyal Namkhai Norbu
Una visita alla mostra con il curatore Jakob Winkler
Nel 1981 il professor Namkhai Norbu, tornato a Lhasa dopo oltre 20 anni, scattò le prime fotografie di quelle che allora erano considerate le opere più segrete del Tibet, i dipinti murali del XVIII secolo del Lukhang, un piccolo tempio situato dietro il Palazzo del Potala che contiene ciò che è diventato noto come la Cappella Sistina del buddismo tibetano. Esoterica meraviglia, le immagini del Lukhang rappresentano una panoramica della cultura tibetana del 1700 e un'autentica guida visiva all'illuminazione.
La mostra raccoglie una selezione delle oltre 100 fotografie realizzate dal Prof. Namkhai, scorci momentanei, riflessi luminosi che Rinpoche ha catturato, attimi fuggenti che rappresentano tutto ciò che resta di alcuni dei dipinti murali del Lukhang, tesori ormai perduti.
Dal 23 giugno all'8 dicembre 2024
MACO - Museo di Arte e Cultura Orientale di Arcidosso.
https://www.youtube.com/watch?v=vIeVu1ofZZs&ab_channel=MuseodiArteeCulturaOrientale
YouTube
The Secret Murals of the Lukhang Temple photos by Chögyal Namkhai Norbu - with curator Jakob Winkler
The Secret Murals of the Lukhang Temple, Photographs by Chögyal Namkhai Norbu - a visit to the exhibition with curator Jakob Winkler
In 1981 Professor Namkhai Norbu, returning to Lhasa after more than 20 years, made the first photographs of what were then…
In 1981 Professor Namkhai Norbu, returning to Lhasa after more than 20 years, made the first photographs of what were then…
In virtute posita est vera felicitas.
Nella virtù è posta la vera felicità.
(Seneca, De vita beata, XVI, 1)
Giunto al compimento del suo atto essenziale, un ente è completamente felice. Nell’uomo, composto di animo, anima e corpo, si riduce tutto all’animo, il vero essere permanente. La pena che l’anima sperimenta è la “pena di esistere”, dello stare fuori dall’Essere, nella quale è presente la tensione, il moto psichico alla ricostituzione nell’Essere. Questa pena non è quiete, ma inquietudine, è esperienza del limite psichico, della finitudine dell’attività dell’anima, della mancanza della piena fruizione della Luce del Vero, dell’Essere Divino. Da questa privazione nasce la “tristitia” fondamentale. Le diverse religioni, che procedono dalle origini paradisiache e conservano la memoria della perdita della perfezione, hanno costituito le diverse vie per il recupero della beatitudine integrale dell’anima, consentendole di liberarsi dalla soggezione alla malia della dimensione psichica distintiva e dalla pena della esistenza. La società postmoderna è il prodotto finale dell’alienazione dell’anima dall’Essere Divino e dalla vita religiosa che conduce ad Esso, perciò non può che produrre l’annientamento dell’anima nell’inquietudine abissale della materia tenebrosa, il cui desiderio, completamente vuoto e vano, porta al non essere e all’illusione cosmica integrale.
Nella virtù è posta la vera felicità.
(Seneca, De vita beata, XVI, 1)
Giunto al compimento del suo atto essenziale, un ente è completamente felice. Nell’uomo, composto di animo, anima e corpo, si riduce tutto all’animo, il vero essere permanente. La pena che l’anima sperimenta è la “pena di esistere”, dello stare fuori dall’Essere, nella quale è presente la tensione, il moto psichico alla ricostituzione nell’Essere. Questa pena non è quiete, ma inquietudine, è esperienza del limite psichico, della finitudine dell’attività dell’anima, della mancanza della piena fruizione della Luce del Vero, dell’Essere Divino. Da questa privazione nasce la “tristitia” fondamentale. Le diverse religioni, che procedono dalle origini paradisiache e conservano la memoria della perdita della perfezione, hanno costituito le diverse vie per il recupero della beatitudine integrale dell’anima, consentendole di liberarsi dalla soggezione alla malia della dimensione psichica distintiva e dalla pena della esistenza. La società postmoderna è il prodotto finale dell’alienazione dell’anima dall’Essere Divino e dalla vita religiosa che conduce ad Esso, perciò non può che produrre l’annientamento dell’anima nell’inquietudine abissale della materia tenebrosa, il cui desiderio, completamente vuoto e vano, porta al non essere e all’illusione cosmica integrale.
Settembre è sacro a Giove Ottimo Massimo e alla Dea Pomona, Signora dei Pomi d’Oro offerti all’eroe “aurificato” che li eleva al Cielo, realizzando la completa divinizzazione. Con la cornucopia colma di frutti, la Dea Pomona è connessa anche al Dio Vertumnus, il Signore del cangiamento, ella ha un suo Flamen Pomonalis e un suo sacrario sulla via Ostiense, circondato da un bosco sacro, il Pomonal, che è sempre stato curato con amore e devozione pia dai fedeli.
In Settembre si verifica l’equinozio di Autunno in cui la Natura si arresta nell’equilibrio di Cielo e Terra, il suo divenire, la Pax aurificata raggiunta ad Agosto si stabilizza a Settembre, tutto il mondo esteriore tace e si tinge di rosso-aureo, gli ultimi frutti vengono raccolti e custoditi nell’Hortus Pomonalis, che costituisce la presenza nel'Orbe della pienezza dell’Età Aurea. (Victrix)
In Settembre si verifica l’equinozio di Autunno in cui la Natura si arresta nell’equilibrio di Cielo e Terra, il suo divenire, la Pax aurificata raggiunta ad Agosto si stabilizza a Settembre, tutto il mondo esteriore tace e si tinge di rosso-aureo, gli ultimi frutti vengono raccolti e custoditi nell’Hortus Pomonalis, che costituisce la presenza nel'Orbe della pienezza dell’Età Aurea. (Victrix)
Autunno
il corpo della Terra e l'anima di calore
Il corpo della Terra,
lo spirito agognando,
vive nell'appassire.
Gli spiriti dei semi,
nella materia immersi,
piglian nuovo vigore.
E frutti di calore
da cosmiche distese
corroboran la Terra.
E sensi della Terra,
veggenti nel profondo,
contemplano il futuro
nel crear delle forme.
Gli spiriti spaziali,
che eterno hanno il respiro,
stan placidi guardando
al lavorio terrestre.
Rudolf Steiner
il corpo della Terra e l'anima di calore
Il corpo della Terra,
lo spirito agognando,
vive nell'appassire.
Gli spiriti dei semi,
nella materia immersi,
piglian nuovo vigore.
E frutti di calore
da cosmiche distese
corroboran la Terra.
E sensi della Terra,
veggenti nel profondo,
contemplano il futuro
nel crear delle forme.
Gli spiriti spaziali,
che eterno hanno il respiro,
stan placidi guardando
al lavorio terrestre.
Rudolf Steiner
In India sarebbe impossibile sfuggire alla convinzione che l'amore sessuale possegga un significato profondo e spirituale. A nulla si può meglio paragonare l'«unione mistica» del finito con l'infinito che lo circonda - quella sola esperienza che si rivela, ed è, l'unico fondamento della fede - che all'oblio di sé provato dagli amanti terreni stretti l'uno nelle braccia dell'altro, dove «ciascuno è entrambi». La prossimità, il contatto e la compenetrazione fisica sono le espressioni dell'amore solo perché l'amore consiste nel riconoscimento dell'identità. I due sono una carne sola perché hanno ricordato la propria unità spirituale. Si tratta, inoltre, di un'identità più piena della semplice sintonia fra due individui; e ciascuno, in quanto individuo, non ha maggiore importanza per l'altro di quanto ne abbiano le porte del cielo per chi le ha già varcate. È come un'equazione algebrica, in cui l'equazione è l'unica verità, e i suoi termini possono rappresentare qualunque cosa. La pur minima intrusione dell'io, tuttavia, comporta il ritorno all'illusione della dualità.
Ananda K. Coomaraswamy, Sahaja
Ananda K. Coomaraswamy, Sahaja
Ahimè ahimè,
tu hai distrutto
il mondo bello
col poderoso pugno!
Precipita, si spezza.
Un semidio l'ha infranto.
Noi ne portiam nel nulla
i miseri frammenti.
...
O tu che il più possente
sei de' terreni figli,
fa' che per te la sua stupenda mole
risorga più stupenda!
Con rischiarati sensi
inizia un nuovo corso alla tua vita
e nuovi canti echeggeran sovr'esso.
Johann Wolfgang Goethe, Faust
tu hai distrutto
il mondo bello
col poderoso pugno!
Precipita, si spezza.
Un semidio l'ha infranto.
Noi ne portiam nel nulla
i miseri frammenti.
...
O tu che il più possente
sei de' terreni figli,
fa' che per te la sua stupenda mole
risorga più stupenda!
Con rischiarati sensi
inizia un nuovo corso alla tua vita
e nuovi canti echeggeran sovr'esso.
Johann Wolfgang Goethe, Faust
Se dovessi dare una risposta alla domanda: «Esiste un qualche tipo d'immortalità?», sarebbe: «Non esiste assolutamente nulla all'infuori dell'immortalità». Vita e immortalità sono la stessa cosa. Ciò che l'uomo comune intende - o crede d'intendere - parlando di "morte" non esiste. Se vi fosse una tale "morte", la vita vi sarebbe già sprofondata da lunghissimo tempo, senza più riemergere da quel Nulla.
Gustav Meyrink, Immortalità
Gustav Meyrink, Immortalità
Forwarded from Il Veritiero
"Le feste avvengono in un tempo sacro, cioè nell'eternità, come fa notare Mauss. Ma vi sono feste periodiche -sicuramente le più importanti- che lasciano intravedere qualcosa di più: il desiderio di abolire il tempo profano già trascorso e di instaurare un "tempo nuovo". In altri termini, le feste periodiche che chiudono un ciclo temporaneo e ne aprono uno nuovo, intraprendono una rigenerazione del tempo."
Mircea Eliade
Mircea Eliade